Etiopatogenesi e cenni di clinica
(Dott. Vincenzo Murruni; Igienista Dentale, Giussano, MB, Italy)
Introduzione
La parodontite è un’infiammazione dei tessuti parodontali, che col tempo porta ad una irreversibile perdita d’attacco dei denti rispetto all’alveolo, con la conseguente formazione di tasche paradontali, e, in ultimo, perdita dell’elemento dentario.
Cenni di Anatomia
Il parodonto
L’ apparato stomatognatico
Il parodonto è l’unità funzionale di tessuti che circonda e sostiene il dente. Le quattro parti che lo compongono sono: la gengiva, il legamento parodontale, il cemento e l’osso. Gli ultimi tre costituiscono l’apparato di sostegno.
Legamento parodontale
Il legamento parodontale è la struttura che si interpone tra radice del dente ed osso alveolare, permettendo un’ elasticità tale da distribuire le forze masticatorie su un ampia superficie del processo alveolare. Il legamento è localizzato nello spazio parodontale tra il cemento e l’osso alveolare. È composto da cellule del tessuto connettivo e sostanza intercellulare. Le fibre, che sono inserite da un lato nel cemento e dall’altro lato nell’osso alveolare, vengono indicate come fibre di Sharpey.
Classicamente le fibre parodontali si distinguono in fibre gengivali ( attorno alla regione cervicale del dente e nel contesto dei tessuti gengivali), e in fibre principali ( che circondano la radice). Inoltre vengono distinti vari sottogruppi di fibre, in base alla loro inserzione: fibre dento-gengivali, circonferenziali, dento-periostali e transettali. A loro volta le fibre principali sono classificate come : apicali , oblique, orizzontali, della cresta alveolare e interradicolari.
Cemento
Il cemento è uno strato fine di tessuto connettivo calcificato, che copre il dente dalla giunzione cemento-smalto fino a circondare il forame apicale.
Le sue funzioni sono di chiudere i tubuli dentinali della dentina radicolare e fornire un attacco per i gruppi di fibre parodontali. Ha uno spessore di 150-200 micron in corrispondenza dell’apice del dente, e di 30-60 micron nella regione cervicale. Questo tessuto risulta privo sia di connessioni vascolari,che di connessioni nervose, cosa che lo rende privo di sensibilità dolorifica.
Osso alveolare
L’osso alveolare è formato dalla lamina dura, che circonda l’alveolo dentario, e dall’osso di sostegno. Quando si verifica la perdita dei denti, l’osso alveolare viene riassorbito. L’osso ha la funzione di sostenere i denti e di fornire l’attacco per le fibre del legamento parodontale.
Gengiva
La gengiva è quella parte di mucosa masticatoria che ricopre il processo alveolare e circonda il colletto dei denti ( Jan Lindhe ). In prossimità della corona dentaria termina con un margine libero, mentre in direzione opposta trapassa nella gengiva alveolare, lungo una linea ben riconoscibile, chiamata giunzione muco gengivale, assente a livello palatale.
Viene distinta in gengiva libera e gengiva aderente.
La gengiva libera , di colore rosa corallo, è rappresentata dalla gengiva adagiata sulle superfici dei denti che in direzione apicale si estende al fondo del solco della gengiva libera che è situato a livello della giunzione smalto-cemento ( cemento-enamel junction, CEJ ), assumendo inizialmente il nome di epitelio sulculare ( Oral sulcular epithelium, OSE ), e successivamente verso il fondo del solco di epitelio giunzionale ( Junctional epithelium, JE ). Oralmente, la gengiva libera si continua nella gengiva aderente che è delimitata apicalmente dalla giunzione muco-gengivale ( muco-gingival junction, MGJ ).
“ … nella gengiva normale o clinicamente sana, non sono presenti in realtà né la tasca né il solco gengivale , ma la gengiva è a stretto contatto con la superficie dello smalto …” ( Jan Lindhe ). Dopo la completa eruzione del dente il margine della gengiva libera è localizzato a 1,5-2 mm dalla CEJ .
All’esame clinico è stato evidenziato che il solco gengivale libero è presente soltanto nel 30-40% circa degli adulti.
La forma della gengiva interdentale o papilla è determinata dal tipo di contatto interdentale, dall’ampiezza delle superfici approssimali e dal decorso della CEJ.
Dal punto di vista istologico la gengiva libera è costituita da epitelio orale e sulculare , con caratteristiche molto simili , ed da epitelio giunzionale. Si tratta rispettivamente di epitelio squamoso stratificato cheratinizzato nei primi due, e stratificato non cheratinizzato nell’ultimo. Sostanziali differenze si hanno anche nel comportamento dello strato basale, molto interdigitato nell’epitelio orale e sulculare, e piatto in quello giunzionale. Inoltre l’area di aderenza dell’epitelio giunzionale allo smalto ha caratteristiche simili all’interfaccia epitelio-connettivo, da cui si deduce che questo epitelio non è solamente adagiato allo smalto ma realmente e fisicamente attaccato al dente per mezzo degli emidesmosomi.
ETIOPATOGENESI
La parodontite è considerata un’ infiammazione atipica: la peculiarità è conferita dalle caratteristiche anatomiche della regione interessata, infatti i denti sono gli unici tessuti minerali parzialmente esposti all’ambiente esterno dell’organismo (1). Questo permette la formazione e l’adesione di un biofilm, o biopellicola, formato da proteine, glucidi e batteri, all’unità dento-parodontale
Gli altri tessuti dell’organismo esposti all’ambiente esterno,
(cute e annessi cutanei, mucose endocavitarie delle vie respiratorie e digestive), sono in grado di evitare questo processo, tramite l’esfoliazione superficiale, e il continuo rinnovamento dello strato a contatto con l’ambiente esterno contaminato.
Sulla biopellicola, possono aggregarsi svariate specie batteriche, che determinano la formazione della placca batterica. La placca viene considerata come una precondizione necessaria ma non sufficiente a causare la parodontite: gioca infatti un ruolo indispensabile l’interazione con l’ospite, ovvero la qualità e la quantità delle difese individuali (2). Storicamente per lungo tempo la teoria infettiva, come primum movens della parodontopatia, era negata da coloro i quali ritenevano che la causa determinante fosse il sovraccarico sull’elemento dentario causato dalla mala occlusione. E’ comunque indubbio , a parer nostro, che un eventuale sovraccarico giochi un ruolo molto negativo sull’evoluzione della patologia.
La Parodontite come ogni altra patologia è il risultato dell’interazione tra agente patogeno e terreno individuale su cui esso agisce per virulentazione dell’agente batterico e/o abbassamento dei poteri di difesa. La presenza di placca muco-batterica, mentre in tutti i soggetti si accompagna costantemente a gengivite, pur se di intensità variabile, non in tutti soggetti determina l’insorgenza della paradontite. Questa colpisce solo alcuni individui e solo alcune superficie dentali, in rapporto alla virulentazione della flora batterica (10) subgengivale, ed alla risposta individuale(6). Alcune sostanze del biofilm microbico sottogengivale, come ad esempio enzimi virali, o lipopolisaccaridi (LPS) di batteri gram-negativi, possono danneggiare direttamente le cellule ospiti ed i tessuti. I microrganismi presenti nel solco gengivale e nel biofilm, possono attivare meccanismi infiammatori che stimolano processi immunitari cellulari e umorali, che vanno ad attaccare i tessuti paradontali.
Questo genera una risposta infiammatoria, clinicamente visibile, nel parodonto colpito (arrossamento, gonfiore, sanguinamento durante il sondaggio, suppurazione etc.).
La gravità della parodontite varia da individuo ad individuo, e da dente a dente per lo stesso individuo, non raramente da superficie dentaria a superficie dentaria (7).. In alcuni punti la lesione infiammatoria può rimanere limitata per lungo tempo alla gengiva, ed essere reversibile. In altri punti invece, l’infiammazione può progredire in strati di tessuto più profondi, danneggiando in maniera irreversibile le cellule ospiti adiacenti, le strutture del tessuto connettivo e l’osso alveolare, con conseguente distruzione di quest’ultimo, che alla fine porta alla caduta dell’elemento dentario interessato (8).
CLINICA
Gengivite
Le gengiviti sono una gamma di patologie infiammatorie a carico delle gengive, come risultato di una varietà di processi diversi. Le caratteristiche universali delle patologie gengivali sono: segni clinici di infiammazione, segni e sintomi limitati alla gengiva, reversibilità della patologia tramite rimozione della/e eziologia/e , presenza di placca batterica in grado di avviarla o aumentarne la gravità, e un possibile ruolo di precusore per la perdita d’attacco peri-implantare.
I segni clinici di infiammazione gengivale sono: profili gengivali ingrossati dall’edema o dalla fibrosi transizione cromatica verso una tonalità rossa e/o rosso, temperatura del solco elevata), sanguinamento al sondaggio e aumento dell’essudato gengivale. Questi segni clinici di infiammazione devono essere sempre associati a livelli stabili di attacco, su un parodonto che non presenta perdita di attacco o di osso alveolare. La classificazione delle patologie gengivali si basa sulla presenza di placca dentale e di eventuali fattori che possono modificare lo stato infiammatorio della gengiva. Questi sono fattori locali o sistemici che possono indurre alterazione della gengiva, indotta da placca dentale, come fattori anatomici del dente, restauri incongrui, apparecchi ortodontici, fratture radicolari, riassorbimenti radicolari cervicali, poi vi sono i fattori sistemici che coinvolgono il sistema endocrino, le patologie ematologiche, i farmaci o la malnutrizione (9).
L’infiammazione gengivali più comune è quella di origine batterica, ovvero indotta dalla placca batterica. Essa è un’infiammazione gengivale causata dai batteri situati sul margine gengivale, L’eziologia è stata confermata in tempi abbastanza recenti, per mezzo di studi sperimentali sulla gengivite umana. Dati epidemiologici indicano che la gengivite di origine batterica sia diffusa e prevalente in tutte le fascie di età, essa è quindi considerata la patologia paradontale più comune (5) . Le alterazioni e i segni clinici non sono rilevabili nella forme più precoci, poi mano a mano che la patologia progredisce i segni clinici e sintomi diventano sempre più evidenti. La gengiviti indotta da placca ha origine dal margine gengivale e può diffondersi al resto della gengiva, i segni clinici di infiammazione sono associati a un parodonto stabile che non mostra perdita di attacco e di osso alveolare. Uno studio di Saxton del 1973 riportava che i siti affetti da gengivite mostravano una più rapida formazione ed accumulo di placca batterica rispetto ai siti sani: questo era spiegato dal fatto che una maggiore presenza di essudato infiammatorio favoriva l’iniziale colonizzazione batterica, ed il suo successivo accumulo. Al contrario, studi clinici sperimentali su umani hanno dimostrato che, con la rimozione di placca batterica in soggetti affetti da gengivite, si ottiene una risoluzione completa dell’infiammazione e la restituito ad integrum tissutale.
Esistono evidenze sperimentali che quantità simili di placca, causano risposte infiammatorie diverse, a seconda dell’età dei soggetti presi in esame. In particolare negli anziani la risposta infiammatoria è maggiore rispetto ai bambini e ai giovani adulti. Le ragioni di questa differenza non sono ancora del tutto chiare, ma si ipotizza, che esse possano essere causate da diverse risposte alla placca dentale nelle varie fasi della vita . Anche l’intensità dei segni e sintomi è variabile fra gli individui, e fra diversi siti dentali presi in esame in una stessa persona (3).
La Parodontite
Il quadro clinico di parodontite comprende tutti i segni e sintomi della gengivite. La maggiore gravità è data dall’espansione e dalla progressione del fronte dell’infiammazione, dalla gengiva al legamento parodontale, al cemento radicolare, e infine all’ osso alveolare.
Non colpisce tutti i denti in maniera uniforme, ed è fortemente influenzata dalla suscettibilità individuale.
Generalmente affligge individui in età adulta e avanzata, ma alcune forme possono colpire anche nell’infanzia e nell’adolescenza.
E’ oramai accertato che la parodontite rappresenta un fattore di rischio per le coronaropatie: la presenza di patogeni parodontali negli ateromi delle carotidi indica il rischio che gli agenti eziologici della parodontopatia , periodicamente spremuti e pompati nel circolo sanguigno, possano raggiungere il cuore e le coronarie, favorendo fenomeni di aterosclerosi e trombosi. E’ stata riscontrata una certa correlazione tra nascite premature e parodontite. Il diabete, oltre a rappresentare un fattore di rischio per la parodontite, può essere più difficile da controllare farmacologicamente, favorendone lo scompenso, nei pazienti affetti da patologia parodontale (4).
Classificazione delle parodontiti:
– Parodontite Cronica: i segni clinici di parodontite cronica sono infiammazione gengivale, sanguinamento al sondaggio, perdita di attacco con formazione di tasca gengivale e riduzione dell’osso alveolare.
Si manifesta come gengivite già nell’adolescenza, lentamente progressiva, che durante periodi di riduzione delle difese immunitarie presenta aggravamento acuto con associata perdita d’attacco.
Nel corso della vita gli effetti patologici si cumulano, fino ad arrivare all’età adulta dove si palesano gli effetti distruttivi della malattia (11) . L’entità di tale distruzione è in funzione dei livelli di placca, stress,fumo, diabete ed efficienza del sistema immunitario. Il rischio di contrarre parodontite cronica nei tabagisti è aumentato da 3 a 7. La risposta terapeutica in questo gruppo, ha una prognosi più sfavorevole, e l’attenuazione dell’infiammazione indotta dal fumo, tende a celare la reale gravità della patologia.
– Parodontite Aggressiva: La parodontite aggressiva comprende rare forme di parodontiti caratterizzate da una progressione rapida.
Si presenta generalmente come localizzata, in età puberale. Sensibilmente più grave , la forma generalizzata, che colpisce prevalentemente giovani adulti, ma talvolta anche pazienti più anziani. L’età comunque può non essere
un buon discriminante, per differenziare la forma cronica dalla aggressiva. Condizioni igieniche particolarmente inadeguate, possono causare la forma cronica anche nei bambini.
Sia la forma localizzata che la generalizzata richiedono una predisposizione genetica, ma mentre la localizzata risulta insorgere per un’infezione da Aggregatibacter Actinomycetmcomitans, in quella generalizzata è più importante il ruolo del Porphyromonas gingivalis e del Bacteroides forsythus.
Anche nella forma aggressiva il fumo è un fattore di rischio, specialmente delle forme generalizzate.
La diagnosi di parodontite aggressiva si basa sul riscontro di rapida perdita di attacco, e di distruzione ossea, in pazienti positivi all’anamnesi familiare per patologie parodontali, e nella evidente sproporzione tra depositi batterici e la gravità della distruzione parodontale, in soggetti esenti da patologie sistemiche rilevanti.
– Parodontite Ulcero-Necrotica: La parodontite Ulcero-Necrotica è una patologia distruttiva del parodonto caratterizzata da papille e margini gengivali ulcerati e necrotici, ricoperti da un materiale pseudomembranoso giallognolo. È prevalente nei giovani (20-25 anni) dei Paesi in via di sviluppo. Le lesioni necrotizzanti si sviluppano rapidamente e dolorosamente, con facilità di sanguinamento, talvolta spontaneo. La necrosi gengivale, a carico delle papille interdentali, sprofonda nell’osso alveolare coinvolgendolo.
Associati alla patologia possono manifestarsi tumefazione linfonodale, febbre, malessere generale. L’igiene orale è tipicamente molto scarsa, anche perché lo spazzolamento dentale provoca forte dolore. Il decorso è generalmente acuto, e dopo l’attenuarsi della sintomatologia possono presentarsi ricorrenti episodi di riacutizzazione. Non è stata individuata alcuna specie batterica in grado di provocare di per se la patologia, ed inoltre la patologia non è trasmissibile con i consueti mezzi di contatto.
Piuttosto si ritiene, che l’effetto dei prodotti metabolici dei batteri della placca, risulti esacerbato in concomitanza con malattie sistemiche (AIDS, leucemia, morbillo, varicella, tubercolosi), malnutrizione, fumo, stress, depressione, scarsa igiene orale (3).
IL SONDAGGIO PARADONTALE
È necessario, all’ inizio dell’esame, determinare lo stato di malattia parodontale del paziente. E per far questo bisogna utilizzare una sonda parodontale.
La sonda è utilizzata per valutare lo stato di salute parodontale e per approntare un eventuale piano di trattamento. Essa consente di determinare l’estensione della malattia, eseguendo un’ accurato controllo del solco e delle eventuali tasche, in una sorta di circumnavigazione intorno al dente , che consente di individuare la forma e la topografia delle tasche, il livello di attacco clinico,i rapporti con la giunzione muco-gengivale e l’ampiezza della gengiva aderente. Dati aggiuntivi sono il grado di sanguinamento e la consistenza del tessuto al sondaggio.
E’ molto utile utilizzare una cartella parodontale. La pressione di utilizzo della sonda non deve superare i 20 grammi, e ovviamente necessario integrare la visita parodontale con una accurata indagine radiologica in studio, con tecnica parallela. In alcune situazione può essere utile la TAC volumetrica Cone Beam .
Si definisce come profondità di sondaggio la distanza tra il margine gengivale e la punta della sonda ( probing pocket depth, PPD ). Viene definito livello clinico di attacco ( clinical attachment level, CAL ) la distanza tra la giunzione smalto-cemento ( CEJ ) e il punto di inserimento della sonda ( Jan Lindhe ). E’ importante ripetere il sondaggio dopo la terapia causale conservativa, in quanto è noto come i dati del sondaggio siano falsati dall’edema e dall’infiammazione presente nella tasca.
Fig. 11: Sanguinamento al sondaggio.Fig. 12: Sondaggio interradicolare.
Fig. 13: Sondaggio parodontale arcata sup.Fig. 14: Sondaggio parodontale arcata inf.
BIBLIOGRAFIA
1.Giancarlo Valletta, Sergio Matarasso, Eduardo Bucci: La patologia e la clinica della malattia parodontale, Piccin- Nuova Libreria, 2005.
2. Kelstrup J, Theilade E, I batteri e la malattia parodontale, Ed. Gec, Milano, 1976.
3. Jan Lindhe, Parodontologia clinica e odontoiatria implantare, P.Lang Edi-Ermes, 2008.
4. Soskolne WA, Klinger A, The Relationship between periodontal disease and diabetes: an overview. Ann. Periodontol 2001.
5. Minenna L, Farina R, Trombelli L, Parametri fondamentali della diagnosi parodontale, Dental Cadmos 2005.
6. Matera, Barone, Crespi, Maio: I Batteri del cavo orale e le Patologie associate, SEE Editore 2004.
7. Thomas E, Van Dyke, Kenneth S. Korman, Inflammation and factors that may regulate inflammatory response. J. Periodontol August 2008.
8. Roberts S.K. Wei G.X., and Wu C.D. (2002). Evaluating biofilm growth of two oral pathogens. Letters in Applied Microbiology.
9. Genovesi, Sanavia, Covani, Grassi: Manuale Pratico Per L’igienista Detale, SEE Firenze, 2004.
10. O’Leary T, Drake RB, Naylor JE. The plaque control record. J Periodontol. 1972;43:38.
11.Wilson TG, Harrel SK, Nunn ME, Francis B, Webb K. The relationship between the presence of tooth-borne subgingival deposits and inflammation found with a dental endoscope. J Periodontol. 2008;79:2029–35.
Dott.Vincenzo Murruni; (Studio Dentistico G.Murruni, Giussano, MB, Italy )
Dott. Giuseppe Murruni Giussano (MB)